Intervistato da :Abdellah Mechnoune
In un tempo in cui l’integrazione viene spesso raccontata come una sfida complessa o persino come una minaccia, ci sono persone che, attraverso l’impegno quotidiano e la dedizione silenziosa, dimostrano che il dialogo tra culture è non solo possibile, ma profondamente arricchente.
Tarik Banour è una di queste figure emblematiche: nato a Rabat e residente da oltre 25 anni a San Giuliano Milanese – città che oggi chiama casa – Tarik non è soltanto un attivista, ma un vero e proprio ponte umano tra il Marocco e l’Italia, tra cittadini italiani e comunità straniere, tra volontariato e partecipazione civica.
Impegnato nella Protezione Civile, donatore AVIS, segretario per l’immigrazione nel Sud Milano per la Sinistra e membro della lista civica Sinistra Ecologica Partecipata, Tarik incarna il volto della cittadinanza responsabile: quella che ascolta, agisce e costruisce. Dalla pandemia al terremoto in Marocco, la sua presenza nelle emergenze e il lavoro costante nel tessuto associativo locale raccontano la storia di un uomo che ha scelto la solidarietà come missione di vita.
In questa intervista, approfondiamo la sua visione sull’integrazione, il ruolo delle seconde generazioni, e la forza del volontariato come strumento di unione e crescita collettiva.
1-Tarik, ci racconti la tua storia: com’è stato il tuo arrivo in Italia e il legame con San Giuliano Milanese?
mi chiamo Tarik Banour nato a Rabat e cresciuto nel comune Yacoub al Mansour dove ho studiato fino al liceo arabo francese italiano, poi sono stato scelto con altri studenti che frequentavano l’istituto italiano di cultura a Rabat per una borsa di studio .
2-Hai studiato lingue all’università, ma poi hai seguito un percorso diverso. Come hai vissuto questa transizione tra studio, lavoro e impegno sociale?
dal primo istante in cui ho messo piede a Milano, sono andato con mio padre all’ università statale di Milano a settembre per fare l’esame di accettazione davanti ai docenti dell’università; grazie a Dio sono stato accettato e mi hanno dato il permesso di iscrivermi da loro. Ho frequentato un anno senza interruzione delle lezioni di italiano-francese-spagnolo, perché ho scelto la facoltà di lingue e letteratura straniera, dove ho trovato tanti studenti di tutto il mondo. Era un periodo d’oro per me, c’era molta volontà di andare avanti, ma purtroppo per problemi economici non ho potuto realizzare il mio sogno e sono entrato subito nel mondo del lavoro, con una tristezza e una sconfitta morale, ma ho accettato la situazione nuova, dove ho conosciuto altra gente e anche con il tempo mi sono sposato e avuto due bambini,

3-Cos’è per te l’integrazione? Come si può vivere pienamente la propria identità senza rinunciare alle radici?
Essere un marocchino è una cosa molto semplice, perché sono cresciuto con persone di origine diverse (berberi, arabi, Sahrawi, Rifi….). Rabat è una città che ospita tutte le culture di altre regioni del Marocco (dialetti, culture, folklore), per cui non ho trovato problemi perchè sapevo già l’italiano in Marocco. Il mio consiglio agli stranieri: prima di venire in Italia studiate la lingua e la cultura italiana che molto bella, ed è un pò simile a tutti i paesi che si affacciano sul mediterraneo. Ti facilita l’entrare dovunque nel mondo del lavoro, sociale ed essere utile per l’Italia e anche il tuo paese d’origine.
4-Cosa pensi del ruolo delle seconde generazioni? Che difficoltà vivono oggi i giovani figli di immigrati?
Stiamo arrivando ai problemi dai quali sono passati altri paesi europei. Purtroppo alcuni giovani vivono nel vuoto totale fra l’abbandono della società italiana e la famiglia, paragonando a noi che come prima generazione siamo arrivati con sogni e obiettivi, invece loro, che sono nati qui, non pensano di costruire un vita da nessuna parte, perché pensano che sono figli di nessuno,

5-Sei molto attivo nel volontariato, soprattutto con la Protezione Civile e l’AVIS. Cosa ti motiva a dedicare il tuo tempo agli altri?
Fin da bambino sono sempre stato altruista, la roba mia è di tutti, quello che amo per me lo regalo a bisognosi, per cui entrare fa parte di varie associazioni di volontariato era normale soprattutto perchè c’è sempre qualcosa da imparare e nello stesso tempo devo ringraziare il paese che mi ha ospitato aiutando chi ha bisogno.
6-Durante il terremoto in Marocco e la pandemia di COVID-19, ti sei impegnato in prima linea. Come hai vissuto quei momenti?
due momenti difficili, però ho imparato da mia madre che i problemi ci sono sempre ma si deve reagire. Durante il Covid ho cercato insieme ad altri volontari le persone invisibili, che non potevano uscire e non avevano documenti nè lavoro, per aiutarli con cibo, vestiti, soldi, oltre aiutare il più possibile tutta la gente che chiedeva aiuto, alcune volte purtroppo ad occuparsi dei morti.
Nel terremoto di Marrakech subito mi sono attivato come hanno fatto tanti per portare il nostro sostegno morale ed economico, mandando ai terremotati vestiti e 35 container abitativi con i soldi della comunità marocchina in Italia.
7-Qual è, secondo te, il ruolo delle associazioni locali nell’integrazione e nel supporto alle comunità?
un ruolo che deve completare il lavoro che stanno facendo già scuole, chiese, moschee, famiglia e creare iniziative sportive e sociali per creare un ponte tra le culture straniere e Italia .
8-Hai scelto di candidarti in una lista civica e sei attivo nella Sinistra. Cosa ti ha spinto a entrare in politica?
Non smettere mai a dire la frase di Paolo Borsellino (il cambiamento si fa nelle cabine elettorali con la matita in mano), con il volontariato si può arrivare al cuore della gente, ma per avere alcuni diritti che la costituzione italiana ti dà, devi entrare nella politica per aiutare o facilitare la vita alle persone. Ho scelto la Sinistra perché hanno la mia stessa mia visione.
9-Nel tuo ruolo di segretario per l’immigrazione nel Sud Milano, quali sono le sfide più urgenti che affronti?
Ultimamente ho accettato questa carica molto interessante e molto impegnativa e sono pronto per questo ruolo, soprattutto vorrei fare uscire la maggioranza di stranieri che sono attivi nel mondo lavorativo ma non nel mondo sociale, perché stanno lasciando lo spazio alla minoranza di delinquenti che offrono alla destra, motivo di slogan elettorale.
10-Credi che ci sia ancora distanza tra italiani e marocchini? Quali strumenti servono per favorire il dialogo?
Per me non c’è distanza, siamo tutti esseri umani e non esiste differenza fra bianco/nero, cristiano/musulmano, la cosa fondamentale è il rispetto reciproco. Il marocchino deve farsi un domanda “perché sono qui?” e viceversa l’Italia “perché accoglie gli stranieri?”; credimi che sarà il dialogo molto facile, perché ognuno ha bisogno dell’altro.
11-Come vedi il futuro della cooperazione culturale tra Italia e Marocco, soprattutto per le nuove generazioni nate qui?
Sono molto fiducioso nel futuro perché ultimamente stiamo vedendo tantissimi giovani che sono entrati nella politica, militari, avvocati, la sanità, non più il marocchino che arrivato con il barcone (il vu comprà)
12-Hai in mente progetti che potrebbero rafforzare questo ponte tra i due Paesi?
Unico progetto è lavorare insieme nell’accettare l’altro. Nel mio piccolo ho un progetto di scambio culturale tra due associazioni in Italia e in Marocco, oltre a continuare quello che sto facendo da anni,
13-Hai mai vissuto episodi di razzismo? Come reagisci a chi guarda con diffidenza gli immigrati?
Sinceramente mai mai mai, per semplice motivo sono molto attivo per la mia comunità di San Giuliano Milanese e sud Milano, rispetto le persone e sono a mia volta rispettato
14-Secondo te, cosa serve davvero per superare i pregiudizi legati all’origine, alla religione, alla lingua?
Dio dice Nel Corano “E vi abbiamo fatto popoli e tribù affinché vi conosceste a vicenda” per cui l’uomo deve solo viaggiare e conoscere l’altro ed accettarlo come fatto, perché il bello della vita è che siamo diversi (musulmani, cristiani, ebrei, bianchi, neri, intelligenti, stupidi, intellettuali, ignorante….)
15-Qual è il messaggio che vuoi dare ai giovani marocchini in Italia che magari si sentono “né di qua né di là”?
Prendi come esempio tuo padre e studia per arrivare dove lui non è arrivato, perché se lui ha scelto di viaggiare in Italia è per migliorare la situazione della famiglia e non per avere in figlio nulla facente.
16-Ti senti più italiano o più marocchino… oppure entrambi?
Guai chi parla male del Marocco o marocchini davanti me, o mi sento male quando parlano male degli italiani, quando parlano all’estero della mafia, per cui sono metà metà.
17-Sogni un giorno di tornare a vivere in Marocco, o ti senti ormai parte integrante dell’Italia?
Sono un attivista italo-marocchino, il destino mi ha portato a questa realtà, non posso allontanarmi dall’Italia, per me San Giuliano Milanese e Rabat sono uguali.
18-Se avessi tutte le risorse necessarie, quale progetto sogni di realizzare per la tua comunità?
Una scuola per insegnare la lingua araba aperta a tutti, gemellaggio con qualche città del sud Milano e Rabat dove ci saranno scambi culturali, viaggi,…
19-il mio opinione sulle moschee nella mia zona?
Secondo me, come ho detto prima, ognuno deve fare la sua parte, la chiesa e la moschea devono essere vicine ai cittadini ed insegnare come insegnavano i profeti, senza dimenticare che siamo nel 2025 e cioè parlare anche dei problemi attuali e come possiamo risolverli con la fede.
20-cosa ne pensi sul tema sahara Marocchina?
Ormai è un discorso chiuso grazie alla diplomazia marocchina che in questi anni ha fatto un eccellente lavoro, dove dal 2019 si è registrato un aumento significativo del numero di paesi che sostengono la proposta marocchina come la Spagna e l’elenco ora include due membri permanenti del Consiglio di sicurezza: gli Stati Uniti e la Francia, per l’Italia ancora una non decisione a causa degli interessi per petrolio dell’Algeria e accettare o meno la proposta marocchina come ha fatto la Spagna e Francia.






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