Verso la chiusura definitiva della questione del Sahara marocchino: ritiro delle Nazioni Unite e svelamento dei doppi giochi dell’Algeria

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Abdellah Mechnoune

 

 

In un passo che riflette una trasformazione sostanziale nell’approccio della comunità internazionale alla questione del Sahara marocchino, le Nazioni Unite hanno iniziato a ritirare numerosi dipendenti operanti ad El Aaiún e Rabat, oltre a ridurre la presenza ONU nei campi di Tindouf situati sul territorio algerino. Sebbene questa decisione sia stata giustificata con motivazioni “finanziarie”, le sue radici politiche sono più evidenti che mai e suggeriscono la prossima chiusura di questo conflitto artificiale.

Il rappresentante speciale del Segretario Generale dell’ONU per il Sahara, il russo Alexander Ivanko, ha ammesso che la missione soffre di una crisi finanziaria che ha limitato la sua capacità di svolgere i compiti assegnati, ma la realtà mostra che il dossier del Sahara ha raggiunto un livello di chiarezza politica e diplomatica che rende ingiustificato il precedente coinvolgimento delle Nazioni Unite.

Il punto di svolta è stato segnato dal riconoscimento pieno della sovranità marocchina sul Sahara da parte degli Stati Uniti durante la presidenza di Donald Trump, una posizione strategica che l’amministrazione Biden non ha ritirato, ma che anzi è stata rafforzata da crescenti posizioni europee e arabe, che considerano l’iniziativa marocchina di autonomia come unica soluzione seria ed equa al conflitto.

L’Algeria, vera protagonista del conflitto, non ha accettato questo cambiamento. Ha continuato a spendere miliardi per finanziare il Fronte Polisario e per acquistare il favore di alcuni Paesi e organizzazioni tramite tangenti politiche e finanziarie, in un disperato tentativo di mantenere vivo il conflitto. Tuttavia, l’opinione pubblica internazionale è sempre più consapevole del ruolo negativo dell’Algeria, soprattutto alla luce degli scandali sui diritti umani riguardanti la schiavitù dei detenuti a Tindouf, la restrizione delle loro libertà e dignità da decenni.

Il Marocco, da parte sua, non ha mai cessato di rafforzare la sua sovranità sui territori meridionali, attraverso l’avvio di grandi progetti, lo sviluppo delle infrastrutture e l’organizzazione di elezioni locali con la partecipazione dei residenti del Sahara, confermando così al mondo che questa terra è parte integrante del territorio marocchino.

La riduzione della presenza ONU nel Sahara marocchino non è solo una questione finanziaria, ma un chiaro segnale che la comunità internazionale è pronta a superare la fase della “gestione della crisi” verso una fase di risoluzione basata sulla sovranità e sulla legittimità storica. Questo non può più essere nascosto, nemmeno da chi puntava sul “falso neutralismo” delle Nazioni Unite.

È giunto il momento di porre fine a questo conflitto artificiale e di voltare pagina rispetto all’illusione propagata dall’Algeria per decenni, finanziando un fronte separatista privo di legittimità e sostegno popolare, sia nel Sahara che in Marocco.

Il Sahara è marocchino e resterà tale. La prossima fase deve essere quella della costruzione regionale e dell’integrazione, non del ricatto e della secessione.

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