L’Algeria è nel caos: il rischio di un crollo economico

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*Mauro Indelicato

 

Da circa due anni è attraversata da proteste contro l’establishment, il prossimo giugno è chiamata al voto parlamentare tra non poche incognite. Ma la vera sfida per l’Algeria è quella economica. Le ultime stime dell’Fmi non lasciano presagire nulla di buono: il rallentamento dell’economia globale, accentuata dalla crisi legata al Covid-19, sta provocando forti oscillazioni del prezzo del petrolio, la cui esportazione è elemento trainante per il Paese nordafricano. Da qui lo spettro di un ulteriore aumento del deficit in grado di avere drastiche conseguenze sociali.

La dipendenza dal petrolio

Il bilancio algerino è in buona parte derivante dagli introiti della vendita del greggio. Mediamente tra il 50% e il 60% delle entrate ha a che fare con l’esportazione dell’oro nero. Chiaro dunque che ogni singola oscillazione abbia un riflesso diretto sull’andamento dell’economia del Paese. Nell’era pre Covid l’aumento del prezzo del petrolio ha ridato ossigeno all’Algeria, tuttavia questa circostanza ha forse distratto la classe politica, a sua volta distratta dalle proteste popolari iniziate nel febbraio del 2019, a portare avanti delle riforme strutturali. E così, con il crollo del valore dei barili di greggio causato dalla pandemia, le autorità economiche locali sono state messe alle strette. Poche settimane fa è stato approvato il bilancio per il 2021, in cui è stato previsto un deficit di 27 miliardi di Dollari, pari al 13% del Pil. Una cifra importante, capace di costringere il governo algerino ad alcune dolorose scelte soprattutto in ambito sociale. Anche perché, come sottolineato da Liberté Algerie, le autorità del Fondo Monetario Internazionale non hanno prospettato nulla di buono per i prossimi mesi.

In particolare, l’incertezza sul prezzo del petrolio potrebbe creare ulteriori grattacapi. Al momento, a fronte di una media di 42 dollari al barile nel 2020, il valore del greggio si aggira intorno ai 62 Dollari. In rialzo dunque rispetto all’anno dell’esplosione del coronavirus. Ma non tanto quanto basta per riappianare i debiti dell’Algeria e far tirare un sospiro di sollievo alle autorità locali. Secondo l’Fmi infatti, il prezzo del petrolio dovrebbe schizzare in tal senso ad almeno 169 dollari per ogni barile. Questo per quanto riguarda il deficit interno. Per riequilibrare i debiti esteri invece, il greggio dovrebbe avere una valutazione di 87 dollari. Aspettative, in entrambi i casi, molto lontane dalla realtà. Le più ottimistiche delle previsioni, considerando come buona parte delle economie mondiali più importanti soffrono del perdurare della pandemia, spingono il prezzo di ogni singolo barile di oro nero ad un massimo di 70 dollari. Si sta quindi riproponendo per l’Algeria la difficoltà derivante dalla dipendenza dalle esportazioni di idrocarburi.

Il contesto politico

Difficoltà economiche che si sommano a quelle politiche. La fine dell’era Bouteflika, il presidente che ha governato dal 1999 al 2019 e dimessosi soltanto a seguito di un diffuso movimento di protesta, non è certo stata all’insegna di una semplice transizione. Oggi il potere è nelle mani dei militari che hanno designato Abdelmadjid Tebboune come presidente, nel dicembre 2019, considerato da buona parte del popolo come illegittimo per essere stato eletto soltanto dal 20% del corpo elettorale. Per questo, eccezion fatta per la fase relativa al picco di contagi da coronavirus, le proteste non si sono mai del tutto fermate. Al contrario, il movimento denominato “Hirak”, ha continuato a riempire le piazze e di recente la tensione per le strade delle città algerine è aumentata. Segno di un definitivo disallineamento tra “le pouvoir” e la popolazione. Un clima non semplice che accompagnerà l’Algeria alle elezioni parlamentari del prossimo giugno, boicottate dalla maggioranza dei partiti storici. Consultazioni dove, come sottolineato da Alessandro Scipione su InsideOver, potrebbe pesare l’ombra della nuova legge elettorale che ha abolito le liste chiuse favorendo le preferenze.

Il segnale di un’apertura alla democrazia che ha voluto lanciare il governo in carica è stato registrato dal movimento Hirak come una manovra di strumentalizzazione per perpetuare il controllo militare sulla vita politica. Molte le incognite quindi, mentre Algeri si prepara a una fase cruciale della propria vita politica e sociale. Occorrono serie riforme, ma al momento si naviga a vista tra crisi di bilancio, nuove elezioni e latenti proteste popolari. Il tutto mentre i colpi globali della pandemia si riflettono anche sulle sponde meridionali del Mediterraneo.

*Fonte:it.insideover.com

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