Di Ahmed Berraou *
Nell’arco di venti anni della mia attività di mediatore linguistico culturale, sia nei pressi dei centri di accoglienza sia nel mio attivismo sociale e sindacale ho eseguito tanti percorsi formativi nell’ambito della mediazione culturale e ho avuto due certificati di frequenza con enti accreditati della regione Calabria.
E un prestigioso diploma di Alta formazione con 12 crediti informativi universitari. oltre alla mia padronanza di 5 lingue e mia esperienza di più di 15 anni di associazionismo culturale come presidente e fondatore dell’associazione interculturale Daawaodv.com.
Tutto questo sacrificio che ho fatto non mi ha consentito di avere un vero riconoscimento del mio ruolo e delle mie competenze nella società italiana e nel mondo del lavoro, che è stato sempre frammentato,precariato e ricattato perché la figura del mediatore culturale è
stata sempre una figura poco chiara e di capacità versatile,interpretata da diversi modi; esempio quella definizione che si trova in un documento ufficiale del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) descrive così il Mediatore culturale:
(Agente attivo nel processo di integrazione che si pone fra gli stranieri e le istituzioni, i servizi pubblici e le strutture private,senza sostituirsi né agli uni né alle altre, per favorire invece il raccordo fra i soggetti di culture diverse).
1- RUOLO E RICONOSCIMENTO
Il ruolo del Mediatore culturale sta assumendo sempre più importanza,soprattutto in Italia, dove annualmente si contano migliaia di ingressi di stranieri intenzionati a stabilirsi definitivamente nelPaese.
Spesso il compito del Mediatore è confuso con quello dell’interprete,ovvero di un tramite esclusivamente linguistico tra individui stranieri ed istituzioni locali, ma questa mancata distinzione tra mediatore ed interprete tralascia una caratteristica fondamentale
della mediazione: l’attività socio-culturale “unione tra due parti”,caratteristica che non appartiene all’interprete.
La figura del Mediatore Culturale in cui il ruolo è quello di mediare tra cittadini immigrati e società civile, con l’obiettivo di far crollare le barriere culturali e linguistiche e promuovere la cultura dell’accoglienza. Si tratta di un vero e proprio intermediario, che fornisce una serie di informazioni su aspetti relativi alla normativa e ai servizi pubblici e privati italiani.
IlMediatore Culturale lavora in stretta sinergia con vari enti,organismi e istituzioni pubbliche, intervenendo in qualità di facilitatore in tutte le situazioni di difficoltà linguistica e comunicativa tra immigrato e società. Il Mediatore accompagna gli immigrati nell’accesso ai servizi socio-sanitari e assistenziali, all’inserimento scolastico e alla altre opportunità educativo-formative. È una figura relativamente giovane; Non c’è
ancora una visione di sistema e ben strutturata (siamo nel campo della
sperimentazione); Frammentazione e mancanza di organicità dei servizi
in cui può essere impiegata la figura del Mediatore.
2- STATISTICHE
Sono state condotte indagini su un campione di 248 Mediatori (circa il 35% del totale dichiarato) su tutto il territorio italiano ed è risultato che il servizio di mediazione interlinguistica ed interculturale offerto alla popolazione è maggiormente concentrato al
Nord (54,1%) e al Centro (30,3%), dati che rispecchiano gli insediamenti degli immigrati in Italia.
Nelle stesse aree il servizio si svolge nel 39% dei casi a livello provinciale e regionale, mentre nel 55,1% a livello distrettuale, municipale, circoscrizionale e cittadino.
Il primo contatto che lo straniero ha in Italia è, infatti, con il Comune in cui giunge, poi solo in un secondo tempo con organi superiori, come Regioni e Province.
La mediazione culturale è concentrata maggiormente nel settore pubblico (89%), mentre minima è la presenza del servizio all’interno di imprese e sindacati (2,4%).
Gli ambiti in cui è richiesto l’intervento di un Mediatore riguardano prima di tutto i servizi sociali (35,5%) ed educativi/scolastici (33.6%), in terza posizione vi sono i servizi
sanitari (13,5%). Minore richiesta è stata riscontrata, invece, nell’area penale e giudiziaria (6,4%).
L’indagine ha preso in considerazione anche le tipologie di servizio richieste: al primo posto con il 34,9% si pone l’area che comprende la prima accoglienza di immigrati e di coloro che chiedono asilo politico e il sostegno agli stranieri (compilazione di documentazione e informazione sui loro diritti); al secondo posto con il 26,4% vi è
l’area relativa ai minori e alla scuola. Questo è indice del fatto che la mediazione è ancora intesa come aiuto rispetto all’accoglienza, all’informazione e
all’orientamento degli stranieri e dei servizi pubblici, è cioè un aiuto alla base dell’integrazione, il Mediatore è la “prima interfaccia” tra immigrato e istituzioni locali.
Il ruolo strategico del Mediatore Culturale si inserisce dunque in una pluralità di contesti e di funzioni, in cui risultano fondamentali le capacità e le abilità intrinseche al mediatore stesso. Tra queste le competenze comunicative, relazionali e la capacità di creare un clima di fiducia reciproco con il suo interlocutore. Nonostante il retroterra culturale e sociale possa essere lo stesso, il Mediatore deve sempre ricordare di non identificarsi con l’immigrato e cercare di mantenere un atteggiamento di fiducia, equilibrato e imparziale.
Il Mediatore Culturale diventerà sempre più «informatore» e «promotore» di processi di inclusione sociale, una figura strategica anche per la sua funzione di promozione, sensibilizzazione e pubblicizzazione di specifici servizi rivolti a famiglie e bambini
immigrati, insegnanti, educatori e operatori italiani.
3 COMPETENZE E ABILITA’
Le competenze richieste ad un Mediatore linguistico ed culturale sono:
• Capacità di analizzare i bisogni e le risorse dell’utente immigrato
(far emergere le esigenze e i bisogni dell’immigrato; identificare le
criticità relative alla situazione dell’immigrato; aiutare l’utente
nell’esplicitazione dei propri bisogni, sintomi ed esigenze);
• Validità nell’analizzare il contesto di intervento (individuare i
vincoli e le opportunità dei contesti territoriali; rilevare le
informazioni sull’accesso ai servizi territoriali;
definire gli strumenti e i piani di intervento in collaborazione con
gli operatori dei servizi).
• Capacità di orientare il cittadino straniero (promuovere le identità dei singoli nel rispetto delle differenze; identificare i bisogni della condizione migrante; diffondere i valori della cittadinanza e dell’integrazione).
• Abilità nel progettare iniziative e strumenti di integrazione culturale all’interno dei differenti contesti di vita (definire aspetti chiave del servizio di mediazione; adeguare gli interventi offerti; definire l’offerta dei servizi di mediazione e integrazione
interculturale; programmare l’erogazione degli interventi alla persona).
• Possibilità di mediare tra immigrati e istituzioni (coadiuvare le strutture e i servizi operanti nell’ambito di riferimento; affiancare le équipe sociosanitarie, educative, culturali, formative, amministrative; partecipare a momenti di raccordo fra servizi e volontariato; sostenere i contesti di collaborazione e integrazione).
4- AMBITI DI INTERVENTO
Gli Ambiti in cui è assolutamente necessario la presenza della figura del mediatore culturale e interculturale sono tanti ma i tre ambiti da non scontare lo svolgimento di questo ruolo sono ben tre: l’ambito scolastico, sanitario e penitenziario; atrocità. Per far sì che avvenga una comunicazione migliore, una comprensione migliore delle problematiche dello straniero, una vita civile vissuta in pace con esso, serve necessariamente la figura del Mediatore Culturale, sia per agevolare le comunicazioni per delle relazioni più facili e immediate, sia per l’integrazione e per
mantenere così l’intera società unita. Il mediatore culturale, al giorno d’oggi è quella figura alla quale non solo nessun Paese può rinunciare, ma è quella figura necessaria per vedere con occhi nuovi gli stranieri e abbandonare ogni tipo di pregiudizio contro di essi. È l’umanità intera che richiede la figura del mediatore culturale perché provare
disprezzo, repulsione o chiusura, nei confronti degli altri visti
“diversi” da noi, non aiuta a vivere bene in una società multietnica, che è la società che si sta formando ai giorni nostri.
Serve perciò un’apertura non solo dei confini, ma un’apertura della mente e soprattutto del cuore per accogliere chi ha bisogno di integrazione.
Altronde, i mediatori culturali, Interculturali linguistici e interpreti, che lavorano nei centri di accoglienza migranti, sbarchi, Hotspot, Sprar.. con gli enti pubblici, scolastici, formativi,
sanitari, nelle questure, prefetture, Tribunali, comuni, province, regioni, agenzie delle entrate, Anpal, uffici per l’impiego,sindacati, fondazioni, cooperative, associazioni e altro.. Finché saranno titolati, superpartes e liberi di svolgere le loro funzioni in massima professionalità e competenza, bisogna stabilire una legge chiara e specifica della categoria del settore che garantisca loro dignità, salute psicologica e salario conveniente, questa categoria professionale molto sensibile e di grande prestigio capace di
facilitare l’incontro e svolgere un ruolo primordiale in una società
multietnica e multiculturale, altrimenti rimaniamo sempre nel circolo del cane che morde la coda, tutti sono bravi a criticare la gestione dell’immigrazione ma spariscono quando si tratta di un vero confronto e ricerca di soluzioni la quale bisogna sanare e promuovere una funzione così importante nel metissage della società che dichiara essere accogliente e solidale che rispetta la sua costituzione.
Noi mediatori culturali abbiamo sofferto molto da attacchi continui da tutte le parti, senza avere diritti, dignità e riconoscimento sentiamo isolati in precarietà e esclusi da questa società mentre facciamo sacrifici soprattutto a scapito della nostra salute, con un lavoro
molto difficile e stressante siamo pronti a lottare per la nostra causa.
* Ahmed Berraou: Mediatore culturale attivista socio-culturale e
ricercatore nell’università della Calabria.