La violenza contro le donne, la voce invisibile delle donne immigrate in Italia

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Mounya Allali.

 

 

Il 25 novembre segna la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, un appuntamento riconosciuto a livello mondiale per ricordare che la violenza di genere non è un fenomeno episodico, ma un problema strutturale che attraversa culture, classi sociali e confini. In Italia, i numeri confermano la gravità del fenomeno e mettono in luce una dimensione spesso trascurata: quella delle donne immigrate, che oltre alla violenza di genere affrontano barriere culturali, linguistiche, legali e sociali.

Un fenomeno diffuso, spesso nascosto

Secondo l’ISTAT, 6 milioni e 400mila donne residenti in Italia hanno subito nel corso della vita almeno una forma di violenza fisica o sessuale, pari al 31,9% della popolazione femminile tra i 16 e i 75 anni. La violenza fisica riguarda il 18,8%, quella sessuale il 23,4%, mentre il 5,7% delle donne ha subito uno stupro o un tentato stupro.

Questi dati rendono evidente l’esistenza di un’emergenza continua. Tuttavia, all’interno di questo quadro generale esiste un’esperienza ancora meno visibile: quella delle donne migranti.

Donne immigrate: quando la vulnerabilità si moltiplica

Il confronto statistico mostra che le donne straniere subiscono la violenza con maggiore intensità rispetto alle donne italiane. L’ISTAT riporta che il 20,4% delle donne straniere ha subito violenza fisica o sessuale da un partner o ex partner, rispetto al 12,9% delle italiane.

Uno studio epidemiologico europeo condotto tra donne immigrate e rifugiate in Italia indica inoltre che il 56% delle intervistate ha vissuto almeno una forma di violenza dopo l’arrivo nel Paese, mentre il 28,5% ha riportato forme multiple di abuso (violenza sessuale, psicologica, economica o sfruttamento).

Secondo UNICEF e UNHCR, molte donne subiscono violenza già durante il viaggio migratorio e restano a rischio anche nei centri di accoglienza, dove mancano spazi protetti adeguati e personale formato sulle dinamiche della violenza di genere.

Ostacoli nel chiedere aiuto

Per molte donne migranti, denunciare è estremamente difficile. Le cause principali sono:

  • dipendenza economica o giuridica dal partner
  • mancanza di informazioni sui diritti e sui servizi disponibili
  • isolamento sociale e familiare
  • sfiducia nelle istituzioni, spesso basata su esperienze precedenti nei Paesi d’origine

In alcuni casi, il permesso di soggiorno è legato al matrimonio, creando una forma di violenza istituzionale involontaria, che rende la donna ricattabile.

La risposta istituzionale e sociale

In Italia operano centinaia di centri antiviolenza e case rifugio che offrono assistenza psicologica, legale e sanitaria. Negli ultimi anni, molte di queste strutture hanno introdotto figure fondamentali come mediatrici culturali, facilitando la comunicazione e ricucendo ponti tra sistemi valoriali diversi.

Ma resta ancora molto da fare.

Politiche efficaci devono includere:

  • formazione del personale sociosanitario e scolastico
  • sportelli multilingue
  • tutela giuridica indipendente dal partner o permesso di soggiorno
  • programmi di empowerment economico
  • educazione interculturale e di genere

Oltre i numeri: rimettere al centro la dignità

Se ogni cifra riflette una esperienza, ogni storia ci chiede responsabilità. La violenza sulle donne — e in particolare sulle donne migranti — non può essere trattata come un fenomeno marginale o circoscritto a dinamiche culturali “altre”. È un problema sociale collettivo.

In questa giornata, non basta ricordare: è necessario agire. Riconoscere la violenza significa dare voce a chi non ha potuto parlare, proteggere chi non ha ancora trovato la forza di fuggire e trasformare la consapevolezza in strutture di sostegno concrete e accessibili.

Perché una società giusta non si misura dal numero delle leggi, ma dalla capacità di rendere sicura la vita di tutte le sue donne, senza distinzione di lingua, origine o status.

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