Una sala di preghiera nella Biblioteca Vaticana… un gesto spirituale che approfondisce il dialogo tra Islam e Cristianesimo

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Tijani Boulaouali
Facoltà di Teologia e Studi Religiosi
Università di Louvain, Belgio

 

 

Tra le notizie di grande rilievo che hanno catturato la nostra attenzione recentemente, vi è l’annuncio della creazione, in Vaticano, di una sala dedicata alla preghiera all’interno della Biblioteca Apostolica, destinata ad accogliere i visitatori e gli studenti musulmani che frequentano questo illustre centro accademico. In questo gesto vediamo un’iniziativa audace e simbolica che reca con sé significati di apertura religiosa e umana, e che contribuisce in modo sostanziale al processo di avvicinamento tra il Vaticano e le istituzioni islamiche con le quali mantiene solidi rapporti di cooperazione, oltre a rafforzare il dialogo tra cristiani e musulmani in particolare. E sembra che questo avvicinamento stia crescendo notevolmente negli ultimi anni all’interno delle società europee, rispetto alle relazioni tra musulmani e ebrei o i movimenti laici e non religiosi.

Secondo quanto riportato dai media, tale evento non è stato annunciato ufficialmente dal Vaticano, ma reso noto casualmente in un’intervista concessa al giornale La Repubblica l’8 ottobre 2025, con il padre Giacomo Cardinali, vicepresidente della Biblioteca Apostolica. Cardinali ha spiegato che alcuni studenti e ricercatori musulmani avevano richiesto la disponibilità di uno spazio semplice per effettuare le proprie preghiere; l’amministrazione ha accolto la petizione come un gesto di ospitalità spontanea, non come un cambiamento nella politica religiosa dell’istituzione. Padre Giacomo ha aggiunto che la biblioteca, fondata nel 1475 ed una delle più antiche al mondo, custodisce un ricco patrimonio di manoscritti e reperti religiosi provenienti da civiltà diverse, comprese antiche copie del Corano, e si considera una “biblioteca globale” aperta a tutti i ricercatori.

La notizia, una volta divulgata, ha generato un’ampia ondata di reazioni contrastanti sui social network. Mentre alcuni sostenitori hanno visto in questa iniziativa un segno di rispetto reciproco e apertura tra religioni — in sintonia con il documento “Fratellanza Umana” sottoscritto nel 2019 tra Papa Francesco e l’Imam al-Azhar Ahmad al-Tayyib — altri, in particolare nei circoli cattolici conservatori, l’hanno considerata un simbolo di quel che chiamano “sincretismo” e “svuotamento dell’identità cattolica”. Alcuni media tradizionali come LifeSiteNews e Novus Ordo Watch hanno lanciato aspre critiche al Vaticano, ritenendo che consentire la preghiera islamica all’interno di un’istituzione cattolica costituisca una “tradimento di Cristo” e un “attacco al principio della missione evangelica”, ricordando che nelle città sante dell’Islam, La Mecca e Medina, non esistono chiese o luoghi di culto cristiani come esempio di mancanza di reciprocità.

Tuttavia, questo dibattito mediatico non deve oscurare l’essenza autentica dell’iniziativa: il desiderio di rafforzare lo spirito di tolleranza e convivenza che il Vaticano promuove da decenni. Riteniamo che questo gesto, pur simbolico nella sua materialità, porti con sé profonde implicazioni riguardo alla trasformazione del discorso ecclesiastico verso l’Islam. A partire dal Concilio Vaticano II (1962–1965), la Chiesa cattolica ha adottato un approccio più positivo verso i musulmani, coronato dalla storica pubblicazione della Nostra Aetate nel 1965, che riconobbe i musulmani come “coloro che credono in un solo Dio” e lodò i valori condivisi tra Islam e cristianesimo, quali fede, misericordia e giustizia. Da allora, sono state compiute una serie di iniziative concrete per tradurre questo avvicinamento, come visite reciproche tra papi e capitali islamiche, conferenze sul dialogo interreligioso e lettere congiunte che ribadiscono pace e cooperazione.

Negli ultimi anni, Papa Francesco ha incarnato questo approccio aperto, esortando a rafforzare i valori della fraternità umana e della comprensione tra fedi, organizzando sotto la sua egida preghiere comuni tra cristiani e musulmani per la pace in Medio Oriente. Egli ha assunto posizioni memorabili su questioni umanitarie, tra cui l’aggressione israeliana a Gaza, comunicando personalmente con cittadini di Gaza nei suoi ultimi giorni, in un gesto umano raro che incarna profondamente il concetto cristiano di misericordia.

Dal punto di vista sociale, i musulmani oggi percepiscono una vicinanza crescente con i cristiani più che mai. Non si tratta solo di un sentimento, ma è confermato dall’esperienza quotidiana, specialmente nei Paesi europei. In Belgio, per esempio, molti cristiani collaborano con i musulmani nella difesa di cause comuni, come la libertà di portare simboli religiosi e l’insegnamento delle religioni nelle scuole statali; inoltre, si consente alle studentesse musulmane di indossare il velo nelle scuole, nei licei e nelle università. Al contrario, nei sistemi scolastici laici i simboli religiosi sono vietati, il che ha portato molti musulmani a vedere nella Chiesa cattolica un’alleata nella lotta contro una laicità estrema.

Ciò ci richiama il versetto coranico che già quattordici secoli fa indicava che i cristiani sono più vicini ai musulmani in affetto. Nei versetti 82 e 83 della Sura Al-Ma’ida si legge:

«ولَتَجِدَنَّ أَقْرَبَهُم مَّوَدَّةً لِلَّذِينَ آمَنُوا الَّذِينَ قالُوا إِنا نَصارى ۚ ذٰلِكَ بِأَنَّهُم مِنهُم قِسِّيسِينَ وَرُهْبَانًا وَأَنَّهُم لا يَسْتَكْبِرُونَ ۚ وَإِذَا سَمِعُوا مَا اُنْزِلَ إِلَى الرَّسُولِ تَرَى أَعْيُنَهُمْ تَفِيضُ مِنَ الدَّمْعِ مِمَّا عَرَفُوا مِنَ الْحَقِّ ۖ يَقُولُونَ رَبَّنَا آمَنَّا فَاكْتُبْنَا مَعَ الشَّاهِدِينَ.»

“Troverai certamente che i più vicini nell’affetto verso i credenti sono quelli che dicono: “Siamo cristiani”. Questo perché tra loro ci sono sacerdoti e monaci e perché non sono arroganti. Quando ascoltano ciò che è stato rivelato al Messaggero, vedrai i loro occhi colmi di lacrime per la verità che hanno riconosciuto. Dicono: “Signore nostro, crediamo! Annoveraci tra coloro che testimoniano”.”
Sura Al-Ma’ida (5), versetti 82–83

E anche nel versetto 27 della Sura Al‑Hadid:

«وَجَعَلْنَا فِي قُلُوبِ الَّذِينَ اتَّبَعُوهُ رَأْفَةً وَرَحْمَةً.»

“Abbiamo messo nei cuori di coloro che lo hanno seguito compassione e misericordia.”
Sura Al-Hadid (57), versetto 27

In conclusione, si può affermare che questa iniziativa vaticana, pur modesta nella sua dimensione fisica, esprime una grande profondità spirituale e culturale: non è semplicemente una risposta tecnica alla richiesta di alcuni visitatori e studenti, ma un simbolo di trasformazione culturale globale nel rapporto della Chiesa con l’Islam. Nonostante le differenze teologiche e storiche, cristianesimo e Islam si uniscono su principi spirituali e umani comuni, come fede in Dio, riconoscimento dei profeti, e l’esaltazione dei valori dell’etica, amore e pace. Se il cristiano guarda sinceramente al messaggio dell’Islam, vi troverà molte affinità con lo spirito del Cristo; e se il musulmano riflette sulla vita del Cristo (pace su di lui), vi scorge elementi che rafforzano la sua fede nell’uomo e nei valori rivelati.

La sala di preghiera nella Biblioteca Vaticana può essere piccola nella forma, ma è grande nel significato: simboleggia l’incontro delle due fedi su un terreno di umanità condivisa, e dimostra che la convivenza autentica non si fonda su dichiarazioni ufficiali, bensì su atti quotidiani semplici che incarnano rispetto reciproco e fede nell’unità del destino umano.

Tradutto da italiatelegraph


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